detto “TOTO”
Antonio Marinelli di professione agricoltore è nato a Roncitelli il 22-9-1928 e ci ha lasciati il 23-5-2004. Antonio ha creato, con suoi ricordi e con una manualità incredibile, modellini delle attrezzature agricole, che, fino ad un recente passato, hanno permesso una dura sopravvivenza nelle campagne del centro Italia. Ma ha riprodotto in scala anche modelli delle Chiese di Roncitelli ed addirittura del Castello.
Nel 1997, Anna Tamanti, prima della ideazione della Rievocazione storica, in occasione della produzione del Video dedicato all’amico Toto Marinelli, si è impegnata nella scrittura e lettura di questo testo.
“Nella dolce collina di Roncitelli a pochi Kilometri da Senigallia vive e lavora Antonio Marinelli detto “Toto” dagli amici, fedele custode di una tradizione contadina ormai scomparsa. Già dal verde ridente che circonda la sua casa si può avvertire l’amore che lo lega alle cose di una volta. Ha trasformato una tagliatuberi in una fioriera, ma la sua abilità è eccezionale nella riproduzione fedelissima del vecchio mondo contadino. Guardando i suoi lavori l’illusione è perfetta. Chi per un attimo non pensa di aver fatto un salto nel passato, di trovarsi veramente in un’aia per la celebrazione di quello che era il più importante rito della vita agricola di una volta, cioè la trebbiatura ? La casa che fa da sfondo a questa illusione è infatti la riproduzione perfetta della vecchia abitazione della famiglia Schiaroli, detta Marchegin, legata alla mezzadria nel territorio di Roncitelli da oltre duecento anni. L’incantesimo è assoluto se ci si avvicina al portone per dare una sbirciatina alla fuga delle scale. Nell’aia è in azione la trebbiatrice che ingoia le bionde spighe per dividere i chicchi dalla pula, mentre dal comignolo esce un denso fumo. Girano incessantemente le pulegge nel fracasso assordante dei motori. Il contadino aiutato da parenti e amici, suda a trasportare senza posa i sacchi, ma il peso della bascula lo riempie di gioia, assicurandogli il pane per tutto l’anno e già gusta il buon odore di farina che riempirà la sua dispensa. Il torchio per le olive è pronto accanto al frantoio azionato faticosamente dall’asinello. Anche il resto della famiglia è all’opera intenta ai vari lavori che la rendono pressochè autosufficiente. Il piede dell’arrotino aziona senza posa la ruota per affilare le lame che serviranno a tagliare arrosti e prosciutti. L’arcolaio è in funzione accanto al telaio. La brava Vergara provvede agli abiti per tutti i famigliari, mentre la giovinetta preparando lenzuola e tovaglie sogna le nozze ormai prossime. In un angolo fanno bella mostra di sè i vari attrezzi che vengono usati quotidianamente, forche, rastrelli, zappe, vanghe, falci e roncole. Sul bordo del vecchio pozzo il secchio riposa per un attimo, in attesa che qualcuno venga di nuovo ad azionare la carrucola. Il vecchio aratro trascinato dalle belle mucche Marchigiane provvede a preparare la terra per la semina guidato dall’abile mano del contadino che affida al gesto tutte le sue speranze di un raccolto generoso. Le mucche Galantì e Faurì tutte lustre e infiocchettate si apprestano a trainare il carretto variopinto che trasporterà i prodotti della terra al vicino Consorzio, pronte a fare il loro dovere anche per tutte le occasioni di festa, un matrimonio, la fiera in paese, una gita in città. Ma ecco l’elegante calesse con il cavallino nero tirato a lucido che ha trasportato dalla vicina città, il Padrone immancabile al momento dedlla trebbiatura e della vendemmia. La cantina è pronta. Il grosso torchio attende le casse di buona uva da trasformare in vino generoso che riempirà le belle botti per tutto l’anno. La vecchia casa imersa nel sole ormai tiepido dell’autunno guarda serenamente al lungo inverno,grata alla natura per i suoi doni in attesa della primavera quando con fatica e sudore ma anche con tanta gioia si riprenderà l’eterno lavoro dei campi.” Anna Tamanti
Nel video proposto qui sotto possiamo quindi vedere il suo amico Toto ed ascoltare la sua voce ed i suoi testi.
Wasyl, una storia di accoglienza e coraggio
di Marcello Marinelli (figlio di Toto)
Questo episodio mi è stato raccontato da mio padre “Toto” e da mio zio “Nello”.
Tutto si svolge nella zona che va dal cimitero di Roncitelli al fiume Cesano (Donnella-Bruciata), dove allora abitavano mio nonno Alfredo e la sua famiglia.
La casa adesso è stata demolita, si trovava nei pressi dei capannoni che una volta erano dell’azienda Baldoni.
È una storia di persone semplici, di privazioni, di ospitalità e forse di tanto ingenuo coraggio.
Scrivo come se fosse mio padre a raccontarla:
«Era la primavera del 1944, ultimo periodo della seconda guerra mondiale. le truppe tedesche di occupazione si ritiravano verso nord.
Per diversi giorni una interminabile colonna di mezzi di tutti i tipi scendeva dalla collina del cimitero per dirigersi al di là del fiume Cesano.
Gli alleati avanzavano molto lentamente. Quando trovavano una minima resistenza facevano entrare in azione l’artiglieria. Ci sono notizie di vittime anche tra i civili in quella zona.Una mattina di maggio vedemmo avvicinarsi verso casa un uomo malamente vestito, con un cappello nero in testa. Camminava lentamente e sembrava molto sospettoso.
Probabilmente stava cercando di capire cosa potesse trovare in quella casa. Era molto alto e snello, capelli biondi a spazzola. Ci disse di chiamarsi Wasyl e di essere russo.
Parlando un italiano stentato ci fece capire di essere fuggito dai tedeschi che lo avevano fatto prigioniero. Aveva bisogno di nascondersi, se lo avessero trovato per lui ci sarebbe stato il plotone di esecuzione.Aveva fame e noi lo invitammo ad entrare in casa, gli offrimmo da mangiare, la sua paura sembrò scomparire, forse aveva capito che quello era un luogo sicuro e che si poteva fidare di noi.
Wasyl ci raccontò che prima di arrivare nella nostra casa aveva chiesto ospitalità ad altre famiglie della zona, ma era stato sempre allontanato. Tutti in quel periodo avevano paura, ma in realtà era solo un povero soldato di 20 anni lontano da casa che voleva salvare la pelle.
Parlammo con Wasyl per diverse ore e quando si fece sera nessuno di noi ebbe il coraggio di mandarlo via, così quel povero soldato sbandato aveva trovato un nascondiglio per salvare la sua vita.Passarono giorni e settimane. Quando il fronte era tranquillo lui rimaneva in casa con noi, quando i tedeschi erano vicini si nascondeva nelle siepi o in mezzo ai covoni del grano, e a volte era costretto a rimanere nescosto anche per diversi giorni.
Noi conoscevamo quei nascondigli e gli portavamo da mangiare.Wasyl fumava, ma le sigarette in quei tempi erano una rarità. Una nostra parente che aveva trovato ospitalità nella nostra casa riusciva a procurargli dei pezzetti di foglie di tabacco raccolto in campagna ed essiccato al sole.
Rimediando anche qualche fiammifero e carta di giornale Wasyl riusciva a farsi delle sigarette che fumava intensamente. La signora che gli procurava tutto ciò veniva affettuosamente chiamata “mamma Clara”.Ricordo che quando fumava di notte teneva la sigaretta chiusa tra le mani. Aveva paura che la luce potesse essere notata dagli osservatori tedeschi che non avrebbero esitato un istante a far bombardare il luogo da cui proveniva quella debole luce.
Nelle giornate in cui Wasyl poteva rimanere a casa mangiava con noi. A lui era riservato il posto di capotavola, anche perché era il più vicino alla porta nell’eventualità di una visita improvvisa dei tedeschi.
Per lui ogni attimo era prezioso per la fuga.Una cosa tra le tante non potremmo dimenticare: qualche giorno a tavola eravamo anche 20-35 persone ma lui era l’unico che, prima di iniziare il pranzo si faceva il segno della croce.
Intanto il fronte si stava avvicinando, gli spari si facevano più frequenti, e verso la metà di agosto ci fu un’intera giornata di combattimenti.
Quel giorno Wasyl rimase nascosto con noi in un rifugio che avevamo scavato vicino alla casa.
Verso sera i tedeschi si ritirarono a nord del fiume Cesano. La notte trascorse in un silenzio assoluto, nessuno osava muoversi.La mattina Wasyl mi chiamò, era rimasto tutto il giorno e la notte ad osservare il passaggio del fronte. Aveva visto avvicinarsi da sud una colonna di camion alleati: erano polacchi.
Gli andammo incontro e loro ci offrirono vere sigarette, pane bianco e cioccolata.Ma la guerra non era ancora finita. Anche se i tedeschi si erano ritirati di alcuni kilometri, continuavano i bombardamenti sulle avanguardie alleate per ritardare l’avanzata.
Un proiettile di artiglieria colpì la nostra casa ferendo nostro padre Alfredo ed uccidendo mio fratello Silvio di 20 anni.I combattimenti lentamente si diradavano. Wasyl voleva ricongiungersi agli alleati. Noi lo sconsigliammo, volevamo che restasse con noi per qualche altro giorno finché la situazione non fosse stata più tranquilla.
Una mattina, al passaggio di una colonna di camion che trasportavano truppe alleate, gli andammo incontro. Wasyl fece cenno ad un camion di fermarsi, questi si arrestò.
Erano militari polacchi. Si scambiarono alcune frasi, fecero segno a Wasyl di salire e lui partì.Erano trascorsi alcuni mesi quando una domenica mattina arrivò davanti alla nostra casa una camionetta militare inglese con tre soldati a bordo.
Uno di loro era Wasyl, fecero colazione con noi e poi ci recammo insieme per una piccola gita al santuario della Madonna della Rosa.
Al ritorno Wasyl e gli altri due pranzarono con noi trattenendosi fino a sera, poi ripartirono per raggiungere la loro base che era a Falconara.Non lo rivedemmo più. Dopo un lungo silenzio ci giunse una sua lettera, era il 10 dicembre 1946, Wasyl diceva di trovarsi in Inghilterra. Era scritta in un buon italiano.
Erano parole di riconoscenza per chi gli aveva salvato la vita.»