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Storia

Il Borgo – Il Castello

Il castello di Roncitelli sorge tra la fine del Duecento e la fine del Trecento.

Prima del 1200 nel territorio di Roncitelli si afferma un nucleo centrale a cui fa riferimento il Castello di Rupoli, probabilmente ubicato nella zona di S. Lucia per la presenza di ben tre Chiese coeve legate allo stesso toponimo. Il castello fu fatto costruire dal conte Gottiboldo di Senigallia e andò distrutto nel 1200, assieme a quello di Agliano posto nel territorio di Ripe, nelle lotte scatenatesi tra Gottiboldo e una lega di città aspiranti all’indipendenza.

La sua difesa è affidata attorno al 1350 dai Malatesta a Filippuccio di Tano Baligani di Jesi.

Nel 1350 ne prende possesso il Cardinal Legato Egidio Albornoz inviato da Papa Innocenzo VI in Italia per restaurarvi il potere della Chiesa, dopo un lungo periodo di lotte tra Guelfi e Ghibellini. In questa occasione viene nominato Capitano del castello Cicchino di Giunta di Roncitelli. Egli ha il compito di amministrare la giustizia e di mantenere l’ordine pubblico. Nel 1489 il territorio di Roncitelli viene censito per ordine del duca Giovanni della Rovere, unitamente al resto di quello senigalliese. Da tale Catasto rustico risultano 74 proprietari elencati in ordine alfabetico con il nome di battesimo e il patronimico (nome del padre) che poi spesso diventerà il cognome.

Inizio del Catasto Roveresco

A parte figurano i Beni della Chiesa di San Giovanni.

Catasto Roveresco. Beni della Chiesa di San Giovanni

Anche la Comunità del luogo possiede alcuni beni e gode di una certa autonomia.

Catasto Roveresco. Beni della Comunità.

Nel 1539 si istituisce la chiesa di San Sebastiano e Fabiano e Santa Maria della Fonte: cioè, con il permesso del Vescovo, sceglie un sacerdote che funge da Rettore e svolge le funzioni religiose delle due chiese, usufruendo dei beni legati ad esse. Il Rettore abita in una casa detta l’Ospedale, che è alloggio e ricovero dei pellegrini poveri di passaggio, ai quali sono riservate d’obbligo due stanze.

Castello di Roncitelli nel 1500 (dal libro del Vescovo Ridolfi)

Alla fine del 1500, all’epoca della visita pastorale del Vescovo Ridolfi, la vecchia parrocchia di S. Giovanni posta sul monte omonimo, è ormai quasi abbandonata per la sua distanza dal Castello, e i sacramenti vengono somministrati nella chiesa di S. Sebastiano. Questa, ampliata, diventerà parrocchiale nel 1703; verra poi totalmente ricostruita nel 1871 per interessamento di Pio IX. Nel Castello risiedono le famiglie facoltose, senigalliesi e non, per curare i loro interessi legati a grossi possedimenti terrieri. Tra queste figurano i Mastai, gli Ambrosi, i Pasquali, i Ramponi, i Cesarini, i Benedetti.

1818

Il Castello di Roncitelli nelle Mappe del 1818-Le Contrade del Castello dai Libri Parrocchiali

TABELLA DELLE CONTRADE DENTRO IL CASTELLO

In seguito alcuni possedimenti costituiscono case di villeggiatura in campagna, del cui splendore oggi non resta quasi più nulla.

1900

Il Castello di Roncitelli prima del 1930

Le grotte

Sotto il Castello e la strada antistante la ex Posta (ora casa Magini) si aprono numerose grotte collegate tra di loro. Antico sistema di fuga in caso di eventuali pericoli

La Casa del Popolo

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Storia

De Fornacciari conjuratione

L’avventuriero Roncitellese che occupò la Rocca Roveresca

20 dicembre 1789

Gli ultimi 100 anni

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Storia XX secolo

Wasyl, una storia di accoglienza e coraggio

di Marcello Marinelli.

Questo episodio mi è stato raccontato da mio padre “Toto” e da mio zio “Nello”.
Tutto si svolge nella zona che va dal cimitero di Roncitelli al fiume Cesano (Donnella-Bruciata), dove allora abitavano mio nonno Alfredo e la sua famiglia.
La casa adesso è stata demolita, si trovava nei pressi dei capannoni che una volta erano dell’azienda Baldoni.
È una storia di persone semplici, di privazioni, di ospitalità e forse di tanto ingenuo coraggio.

Scrivo come se fosse mio padre a raccontarla:

«Era la primavera del 1944, ultimo periodo della seconda guerra mondiale. le truppe tedesche di occupazione si ritiravano verso nord.
Per diversi giorni una interminabile colonna di mezzi di tutti i tipi scendeva dalla collina del cimitero per dirigersi al di là del fiume Cesano.
Gli alleati avanzavano molto lentamente. Quando trovavano una minima resistenza facevano entrare in azione l’artiglieria. Ci sono notizie di vittime anche tra i civili in quella zona.

Una mattina di maggio vedemmo avvicinarsi verso casa un uomo malamente vestito, con un cappello nero in testa. Camminava lentamente e sembrava molto sospettoso.
Probabilmente stava cercando di capire cosa potesse trovare in quella casa. Era molto alto e snello, capelli biondi a spazzola. Ci disse di chiamarsi Wasyl e di essere russo.
Parlando un italiano stentato ci fece capire di essere fuggito dai tedeschi che lo avevano fatto prigioniero. Aveva bisogno di nascondersi, se lo avessero trovato per lui ci sarebbe stato il plotone di esecuzione.

Aveva fame e noi lo invitammo ad entrare in casa, gli offrimmo da mangiare, la sua paura sembrò scomparire, forse aveva capito che quello era un luogo sicuro e che si poteva fidare di noi.

Wasyl ci raccontò che prima di arrivare nella nostra casa aveva chiesto ospitalità ad altre famiglie della zona, ma era stato sempre allontanato. Tutti in quel periodo avevano paura, ma in realtà era solo un povero soldato di 20 anni lontano da casa che voleva salvare la pelle.
Parlammo con Wasyl per diverse ore e quando si fece sera nessuno di noi ebbe il coraggio di mandarlo via, così quel povero soldato sbandato aveva trovato un nascondiglio per salvare la sua vita.

Passarono giorni e settimane. Quando il fronte era tranquillo lui rimaneva in casa con noi, quando i tedeschi erano vicini si nascondeva nelle siepi o in mezzo ai covoni del grano, e a volte era costretto a rimanere nescosto anche per diversi giorni.
Noi conoscevamo quei nascondigli e gli portavamo da mangiare.

Wasyl fumava, ma le sigarette in quei tempi erano una rarità. Una nostra parente che aveva trovato ospitalità nella nostra casa riusciva a procurargli dei pezzetti di foglie di tabacco raccolto in campagna ed essiccato al sole.
Rimediando anche qualche fiammifero e carta di giornale Wasyl riusciva a farsi delle sigarette che fumava intensamente. La signora che gli procurava tutto ciò veniva affettuosamente chiamata “mamma Clara”.

Ricordo che quando fumava di notte teneva la sigaretta chiusa tra le mani. Aveva paura che la luce potesse essere notata dagli osservatori tedeschi che non avrebbero esitato un istante a far bombardare il luogo da cui proveniva quella debole luce.

Nelle giornate in cui Wasyl poteva rimanere a casa mangiava con noi. A lui era riservato il posto di capotavola, anche perché era il più vicino alla porta nell’eventualità di una visita improvvisa dei tedeschi.
Per lui ogni attimo era prezioso per la fuga.

Una cosa tra le tante non potremmo dimenticare: qualche giorno a tavola eravamo anche 20-35 persone ma lui era l’unico che, prima di iniziare il pranzo si faceva il segno della croce.

Intanto il fronte si stava avvicinando, gli spari si facevano più frequenti, e verso la metà di agosto ci fu un’intera giornata di combattimenti.
Quel giorno Wasyl rimase nascosto con noi in un rifugio che avevamo scavato vicino alla casa.
Verso sera i tedeschi si ritirarono a nord del fiume Cesano. La notte trascorse in un silenzio assoluto, nessuno osava muoversi.

La mattina Wasyl mi chiamò, era rimasto tutto il giorno e la notte ad osservare il passaggio del fronte. Aveva visto avvicinarsi da sud una colonna di camion alleati: erano polacchi.
Gli andammo incontro e loro ci offrirono vere sigarette, pane bianco e cioccolata.

Ma la guerra non era ancora finita. Anche se i tedeschi si erano ritirati di alcuni kilometri, continuavano i bombardamenti sulle avanguardie alleate per ritardare l’avanzata.
Un proiettile di artiglieria colpì la nostra casa ferendo nostro padre Alfredo ed uccidendo mio fratello Silvio di 20 anni.

I combattimenti lentamente si diradavano. Wasyl voleva ricongiungersi agli alleati. Noi lo sconsigliammo, volevamo che restasse con noi per qualche altro giorno finché la situazione non fosse stata più tranquilla.

Una mattina, al passaggio di una colonna di camion che trasportavano truppe alleate, gli andammo incontro. Wasyl fece cenno ad un camion di fermarsi, questi si arrestò.
Erano militari polacchi. Si scambiarono alcune frasi, fecero segno a Wasyl di salire e lui partì.

Erano trascorsi alcuni mesi quando una domenica mattina arrivò davanti alla nostra casa una camionetta militare inglese con tre soldati a bordo.
Uno di loro era Wasyl, fecero colazione con noi e poi ci recammo insieme per una piccola gita al santuario della Madonna della Rosa.
Al ritorno Wasyl e gli altri due pranzarono con noi trattenendosi fino a sera, poi ripartirono per raggiungere la loro base che era a Falconara.

Non lo rivedemmo più. Dopo un lungo silenzio ci giunse una sua lettera, era il 10 dicembre 1946, Wasyl diceva di trovarsi in Inghilterra. Era scritta in un buon italiano.
Erano parole di riconoscenza per chi gli aveva salvato la vita.»

TOTO

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Storia

Le Ville

Villa Marazzani in Frazione Marazzana.
Villa Marazzani-Fazi in Via Comunale per Scapezzano. Nel 1900 Villa Jacoppini Alessandro. Nel 1950 abitazione di Moretti Cesare. Nel 2022 acquistata da famiglia Conti.
Sopraporta Villa Marazzani-Fazi Jacoppini. La scritta CAJ significa Casa Alessandro Jacoppini.
Villa Claudi in Via Sant’Antonio attualmente diroccata.
“Figurina dedica a S. Antonio nella via omonima. Significativa la sua presenza al limite della proprietà dell’antica Villa Claudi nel cui territorio esisteva una cappella dedicata a Sant’Antonio da Padova. Nell’edicola c’è una statua del Santo in legno, dipinto che porta la data 1858. Proveniente dalla Sagrestia della Chiesa Parrocchiale di Roncitelli, vi fu trasferita nel 1916 a ricordo delle Missioni.
Villa Spadoni-Bellavista in Via SanGiovanni (vicino Santa Liberata)

Il Cimitero

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Storia

La Chiesa Parrocchiale e Pio IX

L’antica Pieve di Roncitelli, citata già in un documento del 1139, sorgeva sul Monte di San Giovanni; molto piccola aveva annessi la casa del Parroco e un Cimitero.

L’antica Pieve di San Giovanni sul monte omonimo in un disegno tratto dal manoscritto del Vescovo Ridolfi.

Con l’evolversi del Castello, essa divenne scomoda e quindi le venne preferita la Chiesa di San Fabiano e San Sebastiano posta nel Borgo appartenente alla Comunità e officiata da un Rettore. Nel 1703 questa fu ampliata e diventò Parrocchiale con il nome di San Giovanni. Essa fu dotata di una bellissima statua rappresentante il Santo titolare, proveniente da Belluno, tuttora presente al suo interno. Nel 1863 cominciano ad essere segnalate le condizioni precarie della Chiesa, ma solo nel 1871 fu presa la decisione di abbatterla per costruirne una nuova, appunto quella attuale. La cosa fu possibile per l’interessamento di Papa Pio IX, fortemente legato al paese in cui spesso si era recato nell’infanzia con la sua famiglia, che aveva un palazzo nel Castello e molti possedimenti nella zona. La nuova Chiesa fu consacrata nel 1873. All’interno di essa, oltre alla statua di San Giovanni, è possibile ammirare un dipinto raffigurante le anime del Purgatorio datato 1616 e recante il nome del committente, Blasio Bartoli parente di Giulio Fagnani che possedeva una casa all’interno del Castello.

Il nome di Pio IX resta per sempre legato alla nuova Chiesa Parrocchiale; infatti sulla sua facciata è espressa la dedica del Papa al Santo titolare e all’interno due lapidi sono ben visibili ai lati della porta: a sinistra è espresso il voto dell’allora parroco Quagliani e delle Confraternite di celebrare in perpetuo tre Sante messe, di cui una solenne, in onore del Papa; a destra è ricordata la munificenza Pontificia in occasione della consacrazione della Chiesa. Egli è ricordato anche da due altre lapidi. Una all’interno dell’antico ingresso del Palazzo Mastai ora demolito, lo celebra per bocca della pronipote Anna Arsilli Augusti nel primo centenario della nascita,

All’interno del Locale sotto ex Palazzo Mastai (ora proprietà Piantanelli)

l’altra posta sotto l’arco del Castello, ricorda che il Conte Gabriele Mastai ricevette a Roncitelli, dove era in vacanza, la notizia della nomina a Papa del fratello minore Giovanni Maria il 18 giugno 1846.

Sotto l’arco di ingresso al Castello.

Nella biografia del futuro Papa è ricordato che egli, giovane e non ancora sacerdote, era solito trascorrere il tempo a Roncitelli andando a caccia (tuttora esiste l’antico “roccolo dei Mastai loro riserva di caccia) e dedicandosi all’antico Gioco del Pallone cioè della palla col bracciale a cui ancor oggi è legato il nome della via davanti a quello che era l’ingresso del loro Palazzo. Molto tempo trascorreva con un contadino ventenne che era a servizio della sua casa a Roncitelli e che lo salverà quando starà per annegare in una pozza nella campagna circostante. L’amico dell’infanzia, ormai vecchio, non esiterà poi a recarsi a Roma a far visita a Giovanni divenuto Papa.

San Sebastiano 1700

(ora San Giovanni Battista – Chiesa Parrocchiale)

La Chiesa di San Sebastiano (dal Libro del Vescovo Ridolfi).
Ricostruzione ideale della Chiesa di San Sebastiano.
Ricostuzione Ideale della Chiesa di San Sebastiano dopo l’ampliamento del 1703
Interno della prima Chiesa di San Sebastiano.
Interno della Chiesa di San Sebastiano

San Giovanni Battista

attuale chiesa Parrocchiale

Chiesa Parrocchiale di Roncitelli.

ELENCO PARROCI PARROCCHIA S. GIOVANNI BATTISTA RONCITELLI

1500 GUIDOBALDO MANNELLI

1579 PIETRO TARDUCCI

1597 OTTAVIO GRIMALDI

1626 SILVESTRO VACCARI

1632 FRANCESCO VICI

1653 GIACOMO CERTANI

1654 FRANCESCO M.BIAGINI

1664 LORENZO UGOLINI

1686 CARLANTONIO CIUFFI

1708 DOMENICO BERNABEI

1754 GAUDENZIO MARIANI

1789 GIOVANNI MOSCATELLI

1802 GOVANNI M. BROCCHI

1828 RAFFAELE ARGENTATI

1855 COSTANTINO QUAGLIANI

1887 LUIGI SPEZIALI

1835 ALFREDO MONTAGNA

1956 QUIRINO PIAGGESI

1976 SESTILIO ROTATORI

2006 LUCIANO GUERRI

2008 GIANCARLO CICETTI

2010 GIUSEPPE BOGLIS

2016 GIANCARLO GIULIANI

2022 PIERGIOVANNI ALDO

Tra questi si distinse don Domenico Bernabei l’uomo illuminato che commissionò il Cabreo, miniera inesauribile d’informazioni, e lasciò un ricchissimo archivio parrocchiale. Alla sua morte a cui fu presente il Vescovo di Senigallia, grande fu il cordoglio della popolazione.

Figura geniale fu don Raffaele Argentati inventore del locomotore aereo, di cui fece esperimento sul fiume Misa nel 1838.

Don Giovanni M. Brocchi donò tutti i suoi beni ai poveri in occasione di una terribile Carestia, tanto che i parrocchiani pagarono le spese per il suo funerale.

Le Ville

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Roncitelli-Le origini

I primi documenti relativi a Roncitelli risalgono agli inizi del Mille, quando il paesaggio naturale delle Marche cambia: a seguito di un graduale processo di crescita demografica si procede ad un intenso dissodamento e ad un ampliamento delle aree coltivate alle spalle dei centri abitati.

Roncitelli comincia ad essere citato all’inizio del Mille in documenti appartenenti per lo più all’eremo di Santa Croce di Fonte Avellana che avrà la maggior parte ed il più ricco dei suoi possedimenti nel comitato di Senigallia, con centro Monterado.

In questi documenti Roncitelli è chiamato anche Trenciano, Campo Bozzoli, Galuppeto e Monte Loreto. Spetta allo storico Alberto Polverari il merito di aver identificato il nome di Galuppeto con quello di Roncitelli facendo riferimento alla stessa etimologia: campi roncati, cioè disboscati.

Tuttavia Roncitelli in questi documenti viene citato come “fondo”, non come abitativo organizzato. Con l’avvento dei Franchi, quando Senigallia fu affidata ai marchesi di Ancona e poi concessa ad un “comes” (conte = funzionario) che favorì gli insediamenti nella campagna circostante, i vari “fondi” cominciarono ad assumere una propria autonomia sociale e religiosa a causa delle difficoltà di comunicazione tra le varie zone.

È significativo il fatto che tra il X e il XIII secolo nel territorio di Roncitelli compaiono numerose chiese, andate distrutte nel tempo, centri appunto di queste forme di autonomia locale.

Mappa del territorio di Roncitelli con l’ubicazione delle Chiese andate distrutte nel tempo

Le Chiese

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La Casa del Popolo

L’attuale “Circolo Jacoppini” nacque a Roncitelli nel 1913. Il Comitato promotore era composto da: Dott Matteucci Giacomo, Carbonari Giovanni, Carbonari Romualdo, Bellocchi Giuseppe, Carbonari Cesare, Lucarelli Giuseppe, Carbonari Emilio, Piantanelli Giacomo, Crivellini Gustavo, Federiconi Aroldo con il sostegno del filantropo Alessandro Jacoppini.

Venne costruito il locale, al piano terra, con il concorso ed il lavoro di tanti Paesani, (i mastri muratori di Roncitelli), venne inaugurato il 6 luglio 1913 e venne chiamato “Casa del Popolo” con la scritta sulla facciata.

Nel 1922, con l’avvento del Fascismo, la “Casa del Popolo” fu interdetta ed il Circolo venne chiuso. Riprese ad essere frequentato come Dopolavoro negli anni trenta poi la Guerra portò il noto scompiglio. Le attività e le iniziative di questo periodo non sono state ricostruite con precisione. Nel dopoguerra riprese l’attività come Circolo CRAL ENAL. In quel periodo diventò punto di riferimento e di ritrovo principale del Paese. Sono note, tra l’altro, le serate danzanti con l’orchestra”BLUES”, con il fisarmonicista “PIERFEDERICI” ed il chitarrista “MEZZCHIL” che attiravano giovani e meno giovani da tutto il circondario. Venne realizzata la sede estiva all’aperto (ancora in funzione nella zona sottostante le mura). Tra le altre cose occorre ricordare e (se possibile) documentare la “SAGRA DEL FEGATELLO” che divenne una delle manifestazioni più quotate della zona e che si tenne per oltre trenta edizioni. L’iniziativa coinvolgeva l’intero paese. In questo periodo si svolsero anche altre attività che sarebbe bello poter ricostruire. Negli anni ’70, sempre con il lavoro dei Paesani, venne costruito il primo piano soprattutto grazie alla volontà ed all’impegno del Geometra e Consigliere Sagrati Renzo. Il Circolo aderì poi all’ARCI-UISP. Nel 1985 grazie all’impegno ed alle ricerche dello storico e Segretario Mosci Giorgio venne costituto lo Statuto ed il Circolo prese il nome di “Circolo Alessandro Jacoppini”. All’evento fu dato il giusto risalto ed all’interno venne scoperta la Lapide con i nomi dei fondatori

Il Centenario della Fondazione

Le Origini della Casa del Popolo

Il Circolo ACLI

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Santa Liberata

La devozione dei Roncitellesi per Santa Liberata risale a più di 400 anni fa: infatti ai primi del 1600 esisteva a Roncitelli una edicoletta di circa 4 metri per 3,30, con il soffitto a volta, sulla cui parete era affrescata l’immagine della Santa con altre vergini e San Marcello suo confessore.

Affresco di Santa LIberata

La costruzione era posta ad un crocevia, come tutte le edicole sacre e la facciata era rivolta verso la stradina che allora tagliava dietro il paese.

A seguito dei miracoli che vennero segnalati, con le offerte dei fedeli fu costruita attorno all’edicola una chiesa, più volte modificata e furono poi annesse una sagrestia e l’abitazione del Rettore.

Cabreo della Possessione di Santa Liberata

Non si sa chi sia stato ad introdurre a Roncitelli la venerazione per la Santa nata a Piacenza nel 600 da nobile famiglia e dedicatasi all’assistenza dei bisognosi, soprattutto all’infanzia abbandonata, insieme alla sorella Faustina (da qui la sua raffigurazione con due bimbi in braccio);

Santa Liberata

il culto assai diffuso nell’Italia settentrionale è tuttora assai vivo tra i Roncitellesi, anche tra quelli non più residenti nella frazione che la festeggiano come loro compatrona.

Processioni per le vie del Paese nel primo novecento
Casa Fronzi e Santa Liberata 1960 e sullo sfondo Torre dell’acquedotto.
Santa Liberata attuale.
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1944


Selezione di alcuni passi degli scritti del Professor Lucchetti Renato relativi al passaggio del fronte a Roncitelli dal 17 luglio al 9 agosto.

“Settembre 1944

Memorie sul passaggio del fronte nel paese di Roncitelli

Man mano che il fronte si avvicinava a noi, cresceva negli abitanti l’agitazione e la paura. Intorno agli apparecchi radio si fece sempre più fitto l’assembramento di persone, preoccupate di seguire più che l’andamento generale della guerra, lo spostarsi graduale e lento del fronte nel nostro settore adriatico.
Quando, nella prima metà di luglio, venendoci a mancare l’energia elettrica, ci fu possibile tener dietro a quelle poche e succinte informazioni radiofoniche, che si riusciva ad intendere nonostante il noiosissimo crio-crio del disturbatore, si ebbe l’impressione di cadere completamente nell’oscuro. Unica fonte sicura rimase per qualche tempo un apparecchio radio con batteria autonoma, intorno al quale si formò una vasta e segreta rete di auditori e riferitori di vari ordini.
Poi anche questa fonte si ammutolì per paura che i tedeschi, già numerosi in paese, sequestrassero l’apparecchio. ormai si udiva lontano, distintamente, il cannoneggiare delle opposte artiglierie e di notte dal Monte di S. Giovanni, la posizione più alta del paese, che era diventata per l’occasione pubblico osservatorio, si distingueva nitidamente, nelle calde notti di luglio, verso Ancona, oltre il Conero fino in direzione di Jesi, un sinistro bagliore di fuoco e il lampeggiare fitto dei proiettili contraerei. Da tempo le frequenti apparizioni nel nostro cielo di reparti dell’aviazione angloamericana, rendevano oltremodo pericolosa per ogni sorta di veicolo la frequenza delle strade, e con ripetute azioni di mitragliamento e bombradamento paralizzavano il sistema delle comunicazioni tedesche. Il giorno 11 luglio fu fatta saltare la centrale elettrica di Senigallia.
Quel giorno ci rassegnammo a ritornare al vecchio lume a petrolio o ad acetilene. E da allora, reso inutile l’acquedotto comunale, riapparvero le lunghe file di donne e di uomini recantisi ad attingere l’acqua alle nostre vecchie sorgenti campestri.
La guerra si avvicinava con tutto il suo carico di preoccupazioni. Negli ultimi giorni si raddoppiarono i rifugi e le trincee, preparate per riparare e difendere i civili da eventuali bombardamenti dell’artiglieria e raffiche di mitragliatrici. Altro lavoro che tenne febbrilmente occupati gli abitanti del nostro paese fu l’affrancarsi e il provvedere a nascondere, per quanto fosse possibile, tutto ciò che potesse essere di qualche interesse per i tedeschi.
Poiché fin dagli ultimi giorni di giugno, reparti dell’esercito germanico si sparsero per le nostre campagne con il compito di requisire e asportare bestiame e materiale da trasporto. E moltissimi coloni furono privati di materiale d’altro genere come automobili, biciclette, cavalli, radio, vino, ecc.
Compito poco simpatico fu quello di coloro che si videro costretti a lavorare per i tedeschi, sia dall’accompagnare il materiale requisito verso il nord, sia nell’escavare fosse per mine e per postazioni di artiglieria e di mitragliatrici. Scene di panico e di terrore ebbero luogo ogniqualvolta che i tedeschi specie nel cuore della notte, venivano a bussare, col calcio dei fucili agli usci delle nostre case e con le armi spianate perquisivano le stanze e le soffitte in cerca di materiale e di uomini. La prima sosta di una qualche importanza di reparti dell’esercito germanico nel nostro paese ebbe luogo tra il 17 e il 20 giugno. I superbi cavalli appartenenti ad un corpo di artiglieria ippotrainata, destarono l’ammirazione nella popolazione, giunsero nella sera piovigginosa del 17 e furono rapidamente alloggiati nelle stalle vere o improvvisate del paese o delle vicine colonie. Nella notte dal 19 al 20 luglio, per le nostre strade fu un continuo rumoreggiare di carri armati, automezzi e cavalli tedeschi, ripieganti verso nord. Nella medesima notte furono piazzate non molto lontano dal paese alcune batterie d’artiglieria, le quali aprirono immediatamente un ossessionante fuoco.
Alcuni reparti ippotrainati si insediarono in diverse colonie limitrofe al paese. Nel tardo pomeriggiodel 20 luglio attraversarono il paese una quindicina di carri armati germanici, diretti al fronte con lo scopo, molto probabilmente, di rafforzare le linee di difesa. Dal 20 in poi l’artiglieria tedesca continuò a far fuoco pressoché ininterrottamente. La sera del 24 fu bombardata, da parte degli aerei alleati, una località nei pressi del Brugnetto. Già da giorni i proiettili dell’artiglieria alleata cadevano al di qua del costone di S.Angelo-Filetto-Ostra, sollevando fumate ben visibili dal nostro “osservatorio”, raggiungendo il ponte sul fiume Misa a Bettolelle.
Ben presto, anche Roncitelli ebbe il suo battesimo di fuoco. I primi colpi giunsero nella valle e lungo il fosso dei Prati Baviera. Il giorno 25 rimasero colpite le prime case del villaggio, in località Casale. Nello stesso giorno fu raggiunta da un proiettile dell’artiglieria alleata anche la palazzina sede del medico condotto, riportandone gravi danni nella copertura del tetto e nei soffitti dal primo piano. Di questo approfittarono i tedeschi, convertendo la sommità del tetto squarciato in ottimo osservatorio per l’artiglieria……..alla fine di luglio giungevano notizie vaghe ma sempre più insistenti e meno nebulose riferivano che pattuglie avanzate polacche erano comparse momentaneamente e più volte alla Cannella, spingendosi fino a risalire le nostre colline.
Ormai l’artiglieria alleata aveva sotto il fuoco tutta la zona, raggiungendo posizioni ben lontane da noi, verso Monterado e oltre. Le batterie tedesche, già arretrate, rispondevano tenacemente al fuoco nemico, vomitando numerosi proiettili, i quali, con il loro triste miagolio, passavano sulle nostre teste. La notte tra il 3 e il 4 agosto fu una delle più movimentate e memorabili. Per tutta la durata di essa reparti tedeschi motorizzati e appiedati continuarono a passare ininterrottamente attraverso il paese, spostandosi in posizioni più arretrate. L’artiglieria alleata non cessò un istante di incalzare con un nutritissimo fuoco le truppe germaniche in ripiegamento. Ma ciò che mise lo scompiglio e il terrore negli abitanti non furono i motocarri o i proiettili dell’artiglieria oppure il fragore lacerante qua e là di una fucilata bensì fu l’arrivo nelle nostre case dei tedeschi che, con i mitra spianati, urlando il loro incomprensibile linguaggio, minacciavano le donne paurose e piangenti, perché indicassero i nascondigli degli uomini.
Il mattino del 4 si seppe con precisione ciò che avevano voluto ed ottenuto i tedeschi con la loro notturna perquisizione. Alcuni, fra i più giovani, erano stati adibiti, come altre volte, allo scavo di fosse per mine. ma compito ben più impressionante dovettero assolvere le altre sedici persone requisite nella notte, la maggior parte uomini anziani e vecchi malati accompagnati e spinti dalle canne dei mitra tedeschi, consumarono il percorso fino a giungere e vedersi imprigionati dentro il mal odorante pollaio del molino Crivellini, sulla strada di Scapezzano. Furono i nostri ostaggi in mano ai germanici dei quali essi si servirono per proteggere la ritirata e il compito degli ultimi reparti di guastatori.
Di fatti, fin dalla notte, ci pervenne lo scoppio fragoroso delle mine fatte saltare lungo la strada di S. Antonio e della Cannella, e da ciò fummo avvertiti che ormai i tedeschi erano alle loro ultime ore. All’alba venne interrotta la strada, sempre con mine, nei pressi delle “Quattro Figure”. E più tardi, nelle prime ore del mattino, una violenta, triplice esplosione, che mandò in frantumi i vetri di molte case, ci sconvolse tutta la piazza antistante alla Chiesa Parrocchiale, nei pressi del Monumento dei Caduti. Verso mezzogiorno, alla spicciolata, ricomparvero in paese gli uomini presi nella notte come ostaggi. Essi vennero rilasciati un po’ alla volta e raccontarono di essersela cavata senza troppi incidenti all’infuori d’una gran paura e dello stato di smarrimento in cui s’eran trovati per non conoscere la sorte che li aspettava. A scuotere gli orecchi, anche lo schianto dell’altra mina in via Gioco del Pallone a completare l’opera di distruzione in paese. Nella strada sotto le mura del castello c’era una profonda fossa che interrompeva la strada. A poco a poco, lentamente, penetrava nella coscienza e prendeva forma la cognizione di un fatto: i tedeschi se n’erano andati.
Ciò voleva dir che avremmo atteso, pazientemente, le truppe degli eserciti alleati. C’era in molti la convinzione di rimanere per un po’ di tempo, un giorno o più, terra di nessuno. Dal momento che i tedeschi avevano abbandonato il paese, il temuto passaggio del fronte sembrava non dovesse mettere più paura a nessuno. Gli Inglesi, nonostante la loro lentezza, un giorno o l’altro sarebbero giunti e tutto sarebbe finito. Improvvisamente sulla strada da S.Liberata alle scuole erano stati visti i primi soldati alleati.
Corremmo a veder e constatammo che si trattava realmente di una pattuglia avanzata polacca. Erano circa le 5 e mezzo del pomeriggio. Da non più di due ore i tedeschi avevano lasciato il paese. I nuovi arrivati incedevano calmi, con i mitra tra le mani, in numero di sette o di otto, ricchi di gesti e con movenze di affetto, invitando i civili accorsi a ritirarsi dentro le case: “Civili, cassa!”. La gente non poteva credere che fossero sul serio soldati delle truppe alleate, e molti esprimevano il dubbio che si trattasse di tedeschi che fossero travestiti in quella foggia. Sembrava impossibile che così improvvisamente e semplicemente, dopo gli incubi e le fosche previsioni passate, ci giungesse la sospirata “liberazione”. La paura e la diffidenza frenavano ancora l’entusiasmo e non davano libero sfogo alla contentezza.
Ma presto, quando una mezz’ora dopo, giunsero le camionette celeri e i primi carri armati polacchi, attraversando velocissimamente le vie del paese, gli animi si rasserenarono e l’entusiasmo fu pieno. Durò molto poco, perché quasi immediatamente l’artiglieria tedesca aprì un nutritissimo fuoco. Fu il principio di una triste odissea per il nostro paese.
I Germanici, fatte saltare le mine con lo scopo di interrompere le comunicazioni stradali e rallentare l’avanzata, interrarono con lo stesso intento mine sui campi circostanti, avevano abbandonato il nostro villaggio, ripiegando e prendendo posizione nelle immediate colline a nord e ad ovest, ad una distanza in molti punti inferiore ad un chilometro dal caseggiato del paese, il Cimitero!
Dai loro punti rialzati dominavano il movimento dei reparti polacchi e ne martellavano le posizioni. Fin dalla sera del 4 agosto alcuni proiettili colpirono le abitazioni civili, provocando danni e rovine. Altri sfondarono il tetto della chiesa Parrocchiale, mettendo il panico tra un gruppo di persone che s’erano rifugiate là dentro. L’entusiasmo, che il sopraggiungere delle truppe alleate aveva procurato nella popolazione, colla supposizione che tutto fosse ormai finito, cessò ben presto, lasciando il posto ad una sempre crescente paura ed agitazione. Le vie del paese erano gremite di carri armati, camionette d’assalto ed autoblinde, addossate ai muri, negli angoli più riparati. Per tutto il corso della notte il cannoneggiamento da parte dei tedeschi non ebbe sosta.
La gente, accorsa e stipata nei rifugi e nelle grotte, si lasciò andare nuovamente ad un grave stato di prostrazione, incapace di opporre una qualche resistenza alle ondate di panico e di terrore che il fragore delle esplosioni, le ventate di aria calda, lo scroscio e il rovinìo dei fabbricati colpiti diffondevano inesorabilmente negli animi. Al mattino, man mano che la luce filtrava nei rifugi, tornò un po’ di calma nelle persone. Il giorno faceva meno paura della notte. Proprio nella notte di sabato 5 il fuoco delle batterie germaniche continuò aspro e rabbioso.
Nelle ultime ore della notte fino al pallido albeggiare del mattino, le forze motocorrazzate e appiedate polacche ripiegarono lasciando in paese un piccolo presidio. L’artiglieria tedesca aveva cessato il fuoco. La gente osservava l’affrettato ripiegamento dei reparti combattenti e non sapeva darsene ragione. Poi, d’un tratto, il terrore e il panico apparvero sui volti e in un attimo dilagarono in tutti i rifugi e per tutte le case. I Polacchi si ritiravano. Presto, da un momento all’altro, sarebbero tornati i tedeschi. Questo era il pensiero e la paura che si leggeva negli occhi degli abitanti di Roncitelli. Nel giardino sconvolto davanti alla Pieve, a pochi passi dal cancello d’entrata, abbandonato, un soldato polacco giaceva morto, in condizioni pietose, col ventre squarciato. I Polacchi si stavano ritirando. Le persone, in preda ad un folle terrore partirono, abbandonando le case, per fuggire e salvarsi al di là delle truppe combattenti alleate………….il mattino del 9 finalmente, dopo un violento fuoco (martellamento) dell’artiglieria alleata, i reparti polacchi entrarono decisamente in azione, attaccando le posizioni tedesche con volontà e abbondanza di mezzi.
Le batterie germaniche a loro volta risposero al fuoco e lo intensificarono. Tra un colpo e l’altro dell’artiglieria si udiva vicinissimo il crepitare molteplice di svariate mitragliatrici. La gente, raccolta nei rifugi, prestava attentamente orecchio ai vari rumori del combattimento e trepidando misurava il tempo che trascorreva.
Già prima di mezzogiorno si avvertì chiaramente che la lotta volgeva alla fine. I tedeschi, dopo aver opposto tenace resistenza, abbandonarono le posizioni in prossimità del cimitero ripiegando oltre il fiume Cesano. Comunque, al termine della giornata, la battaglia di Roncitelli, la “nostra battaglia”, sui volti lentamente spariva lo sgomento e la paura. Gli animi si rasserenavano e lentamente riprendevano energia. L’incubo opprimente e continuo, ormai, era cessato……….gli occhi, cercandosi, brillavano di una incontenibile commozione, lasciando trasparire la gioia segreta che era negli animi, di vedersi e guardarsi ancora, di sentirsi vivi e incolumi, dopo i passati pericoli. Il cimitero, solitario e muto, se ne stava ancora lassù ma aveva i segni manifesti della violazione. Le mura diroccate, alcune tombe scoperchiate, erano tristi testimoni della empietà e della barbarie degli uomini. Presto, solitari sui nostri poggi, torneremo ad essere ancora, come nei tempi trascorsi, un vecchio paese di lavoro e di pace.

Wasyl, una storia di accoglienza e coraggio

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Storia

Le Chiese

CHIESA DI SANTA LUCIA DI RUPOLA

Originariamente apparteneva al Monastero di Fonte Avellana, più tardi passò al Collegio Germanico-Ungarico confiscata al tempo di Napoleone, fu successivamente acquistata da Antonio Cerasi di Roma, nominato Conte di Monterado.

Prima che la strada di Roncitelli fosse lastricata era assai frequentata dalla popolazione circostante. In seguito venne abbattuta ed al suo posto fu costruito l’attuale Cimitero

Mappa della Chiesa di Santa Lucia di Rupola

(attualmente c’è il cimitero)

CHIESA DI S. MARIA DELLA CORTE

E’ citata per la prima volta nel 1154 in un documento dell’Abbazia di S. Gaudenzio in cui, per una definizione di confini, si parla della Via che da S. Maria della Corte porta fino al Castello di Rupoli.

Aveva annesso un Cimitero e costituiva un esempio di “curtis” medioevale, centro economico/ giuridico religioso autonomo.

Terreno dove sorgeva la Chiesa di Santa Maria della Corte con annesso un Cimitero (di fronte a Romanelli in Via Sant’Antonio)

CHIESA DI S. COSMA DI RUPOLI

Il toponimo “S. Cosma “compare nel territorio di Roncitelli nel 1226. In seguito la Chiesa di S. Gosmeo figura nell’elenco delle Chiese dipendenti dalla Pieve di Agliano, nel territorio di Ripe. Il toponimo resta nel Catasto Roveresco tra i beni della Chiesa di S. Giovanni e più tardi in un terreno in fondo Rondolino con annesso il Cimitero. Facendo un raffronto con i dati del Cabreo è stata possibile la sua localizzazione.

Terreno dove sorgeva La Chiesa di San Cosma (attualmente proprietà della famiglia Regni)

Mappa del terreno dove sorgeva la Chiesa di San Cosma con annesso il Cimitero (dal Cabreo Parrocchiale)

CHIESA DI S. CROCE DI RUPOLI

Compare per la prima volta nel 1231 quando il suo Rettore Giovanni è ricordato tra i 52 Chierici beneficiati della Diocesi di Senigallia che giurano fedeltà a Giacomo, Vescovo di Senigallia. La sua localizzazione è stata possibile per la presenza di un Campetto di S. Croce tra le possessioni della Parrocchia e per il toponimo La Croce. Di essa possediamo l’inventario conservato nel Codex Palmae dell’Archivio Vescovile, da cui apprendiamo che si trattava di una chiesa rurale assai modesta. Adiacente c’era una casetta presumibilmente abitazione del Sacerdote. Il documento proveniente da un codice dell’Archivio Vescovile di Senigallia ,è un inventario delle proprietà della Chiesa di S. Croce di Rupola, redatto nel 1342-1344.

Inventario della Chiesa di Santa Croce di Rupola da un Codice dell’Archivio Vescovile. (nei pressi della ex casadi Antonio Morini.)

La traduzione italiana dice quanto segue:

  • una casa nella quale è compreso un oratorio.
  • un campo con vigna e alberi posto nel fondo di S. Croce, dove è la Chiesa, presso la strada da 3 lati e Paoluccio da Galasso.
  • un appezzamento di terra nello stesso fondo, presso la strada di Boto di Bovenaccio.
  • un appezzamento di terra campiva posto in fondo Spineto presso la strada, Riguccio e Attuccio di Giovanni e altri lati.
  • oltre ai beni terrieri sono elencati i poveri arredi e utensili di cui la Chiesa e la casa dispongono, fra cui una cotta, un calice “de piritro”. una “busula” per le Ostie, 4 botti (o tinozze) , una cassetta, un caldaio, una padella ed una “gratacascium (grattugia).

Nel 1139 Federico I e Guarniero II Duchi di Spoleto e Marchesi di Ancona donano una proprietà situata nel territorio di Senigallia nel fondo Monte della Croce, ai Canonici di Santa Maria di Porto di Ravenna. Nel 1148 Trasmondo I Vescovo di Senigallia concede a Monaldo, Priore del Monastero la facoltà di erigere una chiesa sul Monte della Croce e la licenza di mandarvi Sacerdoti e Chierici senza alcuna pensione ma riservando il diritto delle Sacre Ordinazioni a sé e ai suoi successori.

I beni passati di seguito al Monastero della Carità di Venezia nel 1675 furono acquistati dal Conte Corrado Marazzani di Piacenza fratello del Vescovo di Senigallia Claudio e costituirono la vasta Tenuta della “Marazzana” in cui fu eretta, accanto alla Villa, una Cappella dedicata a San Carlo, tuttora esistente, dove furono sepolti alcuni membri della Famiglia Marazzani.

Villa Marazzani

Da “Ville suburbane e residenze nelle campagne di Senigallia” di P.Persi e C.Pongetti

Nella villa “la Marazzana”. Epigrafe con ritratto del Conte Claudio Marazzani Vescovo di Senigallia (foto trovata in “Senigallia e la sua Diocesi” di Mencucci pag 306)
Villa Marazzani – L’edificio religioso dedicato a San Carlo oltre a decorazioni di maioliche Robbiesche ed a simboli araldici dipinti, possiede un portale in legno e decorazioni con testine di personaggi diversi. (da Ville Suburbane di Persi e Pongetti)

San Sebastiano 1700

(ora San Giovanni Battista – Chiesa Parrocchiale)

La Chiesa di San Sebastiano (dal Libro del Vescovo Ridolfi).
Ricostruzione ideale della Chiesa di San Sebastiano.
Ricostuzione Ideale della Chiesa di San Sebastiano dopo l’ampliamento del 1703
Interno della prima Chiesa di San Sebastiano.
Interno della Chiesa di San Sebastiano
Luogo dove sorgeva la Chiesa del Sacramento costruita all’inizio del seicento all’interno del Castello
Chiesa del Sacramento come viene ricordata da Armando Ballanti, pittore di Roncitelli, nei suoi Bozzetti.

Il Borgo Il Castello